09/09/10

BRESCIA, CITTA' VOLGARE! -di Leonardo Manenti-




questo è un articolo scritto da Leonardo Manenti e che mi è arrivato per e-mail.

Credo sia giusto farlo girare il più possibile perchè aiuta a riflettere sulla crisi morale che sta attraversando Brescia (e l'Italia in generale), perciò lo pubblico qui, sperando che almeno 1/2 lettori siano disposti a leggere fino in fondo.


Ebbene sì, sono un reo confesso: Io Leonardo Manenti, insegnante di filosofia, residente nella città di Brescia, mercoledì 02 giugno 2010, ho commesso una grave infrazione: mi son seduto sull’erba. Sì, su un comune prato, all’ombra di una pianta. Nel frattempo, giuro di non essermi messo a brucare, scavare buche, a togliermi i pantaloni, a offendere qualche passante. No, niente di tutto questo, l’intenzione era quella di ripararmi dal sole leggendo qualche riga di giornale nell’attesa di un amico ritardatario, all’incrocio fra via Milano e via Ugoni. Risultato: 100 euro di multa. Infatti, nemmeno il tempo di dispiegare il quotidiano che ecco giungere in vettura due solerti tutori dell’ordine, un uomo e un’antipaticissima donna, che, con l’ormai consueta arroganza riservata in particolare ai cittadini immigrati, con gesti imperiosi, mi intimano di alzarmi immediatamente, indicando un cartello che, forse per la sua assurdità, la mia vista aveva evitato di registrare. Probabilmente se mi fossi dimostrato remissivo, dispiaciuto e contrito per il misfatto,
l’esorbitante ammenda mi sarebbe stata risparmiata, ma siccome la mia istantanea incredulità si è presto tradotta in un sentimento di sdegno per esser stato accusato di qualcosa che nessun essere pensante potrebbe considerare in alcun modo dannosa, ecco che, come avvenuto per la famiglia pakistana sorpresa nella degustazione di un mango in un parco, per la signora di origine araba sedutasi sugli scalini del monumento “Bella Italia” adiacente piazza Loggia e per altri casi simili, il Regolamento Comunale più perverso della storia di una città un tempo dignitosa, quello voluto dall’attuale giunta a guida PDL-LEGA, ha dispiegato i suoi benefici effetti trasudanti sicurezza, decoro ed un elevatissimo grado di senso civico.

Nel caso del sottoscritto è stato fatto scattare l’articolo 23, comma primo; ma la quantità e l’assurdità delle infrazioni previste è tale che occorrerebbe sprecare troppo spazio per elencarle ed invito dunque il lettore a prenderne direttamente visione sul sito del Comune di Brescia. Quello che invece mi preme è condurre una breve riflessione sul senso sociopolitico che pervade l’operato di una giunta che si fa chiaro ed opprimente simbolo di un Paese intero in via di disfacimento se non di putrefazione inoltrata. Un operato che, forte dell’involuzione culturale e civile di questi anni; dell’ottundimento e imbarbarimento delle coscienze via etere; della desertificazione sociale per assenza di veri spazi civici,
mentali prima ancora che fisici, non perde occasione di mostrare come una società aperta, solidale, colta, curiosa, laica e progressista non debba più nemmeno esser pensata, il che getta quotidianamente nello sconforto più cupo tanti soggetti i quali, lasciati oltretutto sprovvisti di una rappresentanza politica alternativa degna di questo nome, desiderano andarsene dalle città e dallo Stato dove sono nati e vissuti.

La contravvenzione di cui il sottoscritto è stato vittima, è piuttosto eloquente circa lo spirito che anima gli intenti dell’attuale amministrazione: la desertificazione dello spazio civico, del suo senso vitale e la sua grossolana sostituzione con palliativi artificiali e marcatamente ideologici, di una bassa ideologia arrogante e provinciale, paga di una visione semplificata, particolaristica del mondo e della vita stessa, paga, in definitiva, della propria ignoranza. Essendo evidente che nessun reale danno può essere provocato ad un comune manto erboso da una persona che vi si sieda, quale deve essere il vero reato sotteso nel pretestuoso divieto di non calpestare le aiuole (dove non vi sono)? Credo che la risposta sia questa: il fatto stesso che un cittadino, una persona, esista e si renda presente, con la sua umanità quale che sia, in uno spazio pubblico, in un prato, in un parco, dove eventualmente, spontaneamente poter incontrare altri individui. Evidentemente è sul concetto di “pubblico” che, non comprendendone o disprezzandone l’evoluzione storica, l’attuale governo cittadino sta operando le sue operazioni di destrutturazione e riorganizzazione plastificata. Ciò che il sottoscritto ha immediatamente contestato ai due sceriffi è stato questo: avermi multato per il semplice fatto di essere una presenza umana sgradita al piano di svuotamento dell’essenza civica attualmente in atto. Giustamente, come sempre, come ovunque, si dovrebbe multare chi sporca, deturpa, danneggia … non inventare una miriade assurda di reati giusto per dare un’impressione di intransigenza e rigore utile alla costruzione di un tessuto sociale svuotato ed interamente regolamentato. Oltretutto se ogni divieto previsto dal regolamento, dalla possibilità di dissetarsi direttamente ad una fontana, alla possibilità di sedersi con una
bibita e qualche amico, fosse debitamente sanzionato, non basterebbero tutti i nuovi sceriffi del nord Italia per controllare lo spazio cittadino ed anche nella mente del bresciano più assonnato comincerebbe a balenare l’idea che una città non può essere pensata come la residenza padana di Barbie e Ken. Fatto è che l’attuale regolamento è solertemente applicato col “buon senso” di vigili e polizia urbana: cioè applicato a loro discrezione, vale a dire colpendo prioritariamente gli individui sgraditi all’attuale ideologia dominante. Se un mastodontico suv o il porscherino di papà piazzati in mezzo ad una strada, spesso e volentieri restano inosservati, non così per la bicicletta fuori posto di un ipotetico “nessuno” o, il ché è peggio, di un cittadino immigrato. Le scene pietose di persone bloccate in strada e perquisite con disprezzo, al sottoscritto non danno l’impressione di una città più sicura, ma il sapore di un clima sociale imbarbarito e avvelenato. Provassero i nostri solerti sceriffi a compiere le stesse azioni in piazzale Arnaldo dove, notoriamente, la giovane arroganza vestita a festa non disdegna l’ausilio di pericolose e moleste sostanza stupefacenti! No? E perché mai?

Secondo l’attuale amministrazione un parco pubblico non deve essere genuinamente pubblico, cioè un luogo messo al servizio di una collettività che, nell’ovvio rispetto delle regole, come avviene in tutte le città d’Europa dove molti individui, probabilmente più evoluti del bresciano medio, condividono e vivono la propria cittadinanza nei più svariati modi e colori (certamente anche mangiando e sdraiandosi sull’erba), ma al contrario, il parco è concepito come una sorta di abbellimento asfittico della città, come una sorta di balconcino da cui i gerani della signora Gina fanno bella mostra di sé. A tal proposito è interessante riflettere sulla strumentalizzazione deviata che i gingilli floreali hanno per questa amministrazione; ne è esempio eloquente la cattiva sorte toccata alla bella fontana della Pallata dove, lungo tutto il perimetro della vasca, è stata collocata una gabbia di vasiere : le forme del monumento ne subiscono un colpo mortale, ma il risultato che più preme è stato raggiunto: impedire che le persone si possano avvicinare ai bordi ed eventualmente sedervisi, sentire l’acqua. E così i bei fiori, che, rispetto alla nozione di decoro di cui i nostri amministratori si fan forti, potrebbero benissimo essere di plastica, nella loro inconsapevolezza, sono utilizzati da una parte in funzione anti-umana, dall’altra come mezzo per costruire una fasulla immagine da cartolina. Se si considerassero poi le politiche ambientali attualmente adottate (cemento, traffico, recinzione e riduzione del verde pubblico… mi è appunto giunta in questi giorni la notizia circa l’intenzione di recingere parco Gallo e di cancellare l’ampliamento del parco Tarello che andrebbe sostituito con un piano di edificazione massiccia contro il quale è iniziata una raccolta di firme promossa dal Centro Parrocchiale di via Sardegna), si capirebbe come per i suddetti individui, il concetto di ambiente (biodiversità) si traduca nell’idea di un giardino di casa o poco più. A Brescia, in una delle aree più inquinate e compromesse d’Europa, semplicemente non esiste alcuna prospettiva ecologista, alcun piano di tutela ambientale.

Ma l’indole e il tono dell’attuale Giunta Comunale si erano del resto gustati fin da subito, con Piazza della Loggia (cuore delicato della vita cittadina) invasa prima da un’esposizione di tir-motrici (sì, intendo dire camion!) che mettevano in bella mostra le loro carrozzerie ritinteggiate con l’aerografo in stile “festa della birra” e poi con un’assordante gincana di porsche (nemmeno d’epoca, potevano essere acquistate anche il giorno prima alla concessionaria di Lumezzane); ma soprattutto con la chiusura
della bella e frequentatissima bibloludoteca in contrada del Carmine, nell’ex ottava circoscrizione, dove i bambini del quartiere e i genitori di ogni provenienza potevano incontrarsi, intrecciare storie, crescere con intelligenza. Perché abolire spazi del genere? Forse perché tali spazi indicano in piccolo la possibilità di pensare creativamente una
comunità? Non sia mai. Meglio appoggiare e patrocinare fittizie realtà associative per generare false occasioni di incontro civico, come nel caso di “Brescia in”, il cui nome da brivido, già da solo, ne denota il tragicomico provincialismo. Le sue mirabolanti attività, pressantemente pubblicizzate con volantini appesi in spazi abusivi ma con il patrocinio
del Comune, nelle vie del centro e fin’anche sull’accesso dei condomini, consistono nell’occupazione di suolo pubblico per banchetti per lo più a base di spiedo, grigliate e pasta e che portano titoli a tema del tipo “Mameli’s party!” (nome della via), giusto per ribadirne l’involuto gusto strapaesano: non c’è che dire, la varietà culturale del mondo alberga qui. E’ chiaro che in quanto artefatte, queste combriccole forzatamente gaudenti, proposte con il sottointeso intento di escludere tutto ciò che abbia il senso di un incontro socialmente evolutivo, prive di una qual si voglia tradizione culturale che non sia la vuota (ma in fondo violenta) riproposizione della propria brescianità, non possono essere che delle rappresentazioni del desolante vuoto che le circonda. E’ inoltre interessante notare come, in bella mostra, con una pennellata di malafede aggiuntiva, come nel caso dell’africano che, anni orsono, appariva in televisione sponsorizzando la Lega Lombarda, fra i volontari, venga solitamente collocato almeno un ragazzo magrebino: certo, di origine extracomunitaria, ma nelle vesti dello straniero assimilato che, con indosso la maglietta dell’Italia a distribuire piatti di spiedo, dimostra, oltre la grande apertura mentale degli organizzatori, che di bravi ragazzi ne nascono persino a Marrakech, basta che mostrino il loro stesso buon senso nel ridurre la varietà e complessità del mondo a tre battute omologanti… in fondo, tutto il mondo è paese, no?

E che dire poi delle avveniristiche trovate che la giunta Paroli-Rolfi mette in atto per dare lustro internazionale alla Leonessa tossica? Ad esempio l’attivazione del più efficace ed efficiente gingillo locomotorio, allorquando si consideri l’utenza cittadina poco più di un gruppo di dormienti in cerca di emozioni alla loro portata: un trenino che passa fischiettando nei punti strategici delle vie del centro. Edificante davvero osservarlo scarrozzare con il suo carico di un’umanità in miniatura; può sembrare d’esser tornati alla fine degli anni ’70, allorquando nelle località balneari più insulse, dopo la cena all’hotel Miramare, papà e mamme con un elementare concetto di divertimento in testa, si imbarcavano sorridenti con i loro figlioletti sui vagoncini, in attesa che la noia, insorgente dopo i primi cinque minuti, manifestasse la sua presenza.

Stando alla roboante propaganda della suddetta amministrazione, sembrerebbe che a Brescia tutto stia per essere riqualificato; anche se non si sa bene quale idea di riqualificazione essa abbia in mente, dato che il termine viene speso anche quando si trattasse di sostituire un tombino o praticare interventi di ordinaria amministrazione, come la sistemazione di strade o l’illuminazione cittadina, le quali vengono invece presentate all’opinione pubblica come fossero strabilianti opere della miglior specie. …..Sull’effettiva utilità pubblica di tali azioni può permanere qualche dubbio, non invece sul grossolano retrogusto ideologico dell’intenzione che le muove; ne è un esempio la nuova illuminazione di via S. Faustino: ai bei lampioni che la costeggiano, dai quali si irradiava una piacevole luce giallognola, tipica dei più rinomati centri storici, sono stati aggiunti degli enormi fari che dall’alto sparano una luce fredda, violenta nella sua esagerazione, fastidiosa, che illumina a giorno il primo tratto della via il cui fascino risulta in tal modo grandemente deturpato. Ed in più: viva il risparmio energetico! Ma, mi si dirà, è una questione di sicurezza! Certo, certo, muniti di occhiali da sole, ora potremo passeggiare più tranquilli… salvo morire di paura nel vederci inseguiti dalla nostra ombra.

A qualcuno il tono e l’indole di queste mie considerazioni potrebbero sembrare, come dire?, altezzose o poco popolari, ma non è affatto vero. Il sottoscritto ama il concetto di popolo, nella sua densità storica, politica e sociale, se ne sente parte, almeno fintanto che, nelle mire degli attuali politici e nel degenerato senso comune non lo si voglia intendere come entità amorfa, priva di spunti originali, di capacità dialettiche, un’entità da direzionare con propagande centrate sull’egoismo, da manipolare facilmente e lo si trasformi, con la sua compiacenza, in popolino irriflessivo, acritico, ignorante. Ho sempre creduto nel lato nobile della politica, nel suo valore ideale, nella sua dialettica trasformatrice, anche nel suo senso educativo. Oggi invece, in questo Paese imbarbarito, in queste città regredite, che hanno distrutto o abbandonato gli aspetti essenziali del vivere civile, non mi resta che constatare il suo fallimento. Fra restaurazione e neobarbarie, telecrazia e vetusto populismo, i lampioni più potenti non serviranno a dissolvere le tenebre di questa deprimente fase storica, almeno finché i lumi naturali cari a Voltaire e Beccaria non torneranno ad indicarci la via. E il verde erboso non si liberi del veleno leghista.

Leonardo Manenti

1 commento:

  1. http://100cosecosi.blogspot.com/2011/02/renzo-bossi-querela-un-blogger-francese.html
    ti mando un link con un articolo che sono sicuro ti interessa,a suo tempo mi chiedesti se potevi pubblicare il "diario segreto di Renzo Bossi junior..." ebbene eccoti il seguito,buon lavoro,
    con affetto amicale
    Abbatangelo

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